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Un modello di accompagnamento in agricoltura sociale

Un modello di accompagnamento in agricoltura sociale

Il modello presentato di seguito, ampiamente sperimentato durante i percorsi di inserimento in Orti E.T.I.C.I, prevede la figura presenza di operatori con competenze educative che progettano, accompagnano e verificano il processo di inserimento ed eseguono il monitoraggio e la valutazione degli utenti, ponendo particolare attenzione alla condizione psicofisica della persona, agli obiettivi fissati nel progetto individuale di ciascuno ed alle dinamiche relazionali che si instaurano nel gruppo.

Lo scopo di questo lavoro socio-educativo consiste nell’aiutare la persona ad acquisire un saper fare che, oltre a conferire competenza, possa rafforzare l’autostima, l’autonomia ed il senso di iniziativa ed a sostenerla nei momenti critici, aiutandola ad orientarsi nuovamente sui propri obiettivi.

Il lavoro come luogo dove apprendere modalità relazionali

 

Il fulcro del modello di accompagnamento proposto è l’attenzione al manifestarsi della persona attraverso ciò che dice, fa o non fa. Questo comporta un’attenzione particolare non tanto ai “contenuti” (ciò che la persona dice o mostra di sé in modo palese) ma ai “processi”, ovvero ciò che la persona mostra veramente di sé attraverso quei contenuti.

Questo concetto è fondamentale, proviamo a chiarirlo con un esempio:

N è un utente dell’UEPE inserito in Orti etici da un mese. Raggiungendo il luogo di lavoro in motorino, arriva spesso in anticipo. Appena l’operatore arriva trova N intento a pulire la stanza di lavoro; entrando, l’operatore sente N dire a voce molto alta ad un collega: “hai visto, ho pulito tutta la stanza, la mattina la dobbiamo pulire bene perché dobbiamo starci noi”.

La stanza è in effetti stata spazzata, ma l’operatore resta perplesso dal modo di fare di N, anche perché il collega a cui si rivolge ha iniziato mesi prima di lui ed è notoriamente una persona molto precisa.

 

Da un punto di vista del contenuto N emerge come una persona precisa, con spirito di iniziata, che fa più di quanto chiesto, anche se mostra comportamenti insoliti. In realtà un educatore attento ai processi ipotizzerà in N un certo bisogno di mostrarsi affidabile e responsabile. Questo processo ovviamente non nega il contenuto ma lo ridimensiona e gli conferisce un senso “dinamico” che potremmo esplicitare, ipotizzando questa osservazione scritta dall’educatore dopo l’episodio che stiamo analizzando:

…oggi, appena sono arrivato, ho notato che N aveva pulito la stanza. Appena mi ha visto entrare ho sentito N dire a voce molto alta ad un collega: “hai visto, ho pulito tutta la stanza, la mattina la dobbiamo pulire bene perché dobbiamo starci noi”. Al di là del contenuto, questo comportamento mi fa pensare ad un bisogno di N di mettersi in mostra, per cui fa le cose in modo da farlo notare. Questo di per sé non è un male, ma c’è il rischio che questo suo bisogno lo porti a fare le cose in modo responsabile quando ci sono le figure di autorità, viceversa non è detto che sia abbastanza responsabile ed affidabile quando è lasciato da solo e senza la “paura” di un controllo, visto che non deve dimostrare niente a nessuno.

 

Come lascia intuire l’episodio di esempio, l’approccio utilizzato permette una osservazione più profonda ed attenta, capace di intuire gli aspetti motivazionali che guidano la persona e di prevedere i suoi comportamenti, offrendo così la possibilità di calibrare adeguatamente il progetto educativo individuale.

 

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Ogni attività di inserimento sociale o lavorativo deve fare i conti con le difficoltà che normalmente il soggetto vive nella sua vita privata, spesso legate alla sua salute, alla sua condizione fisica o psichica, alle conseguenze di scelte fatte che ne limitano la libertà e l’autonomia, alla motivazione lavorativa non sempre chiara o sufficiente, alla mancanza di abilità o conoscenze; altre volte si riscontra una riduzione delle capacità cognitive dell’utente a causa di patologie o per effetto dei farmaci assunti. Tutto questo richiede un’attenta progettazione del percorso di inserimento ed una individuazione di obiettivi personali adeguati, che si aggiungono a quelli generali e specifici previsti per ciascuno, esplicitando cosa fare per il singolo utente e come farlo in modo che tutto il processo sia realmente efficace.

Una progettazione ben fatta esige una condivisione degli obiettivi tra tutti gli operatori coinvolti, una responsabilizzazione dell’utente attraverso una sorta di “contratto educativo” e una attenzione alla gradualità del percorso, prevedendo sempre dei passi intermedi e preliminari al raggiungimento degli obiettivi finali.

Di seguito si riportano brevemente gli strumenti utilizzabili in un processo di accompagnamento in agricoltura sociale.

 

Scheda di riferimento per intervista conoscitiva

Nei primi colloqui di conoscenza è molto importante rilevare tutte le informazioni utili per avere un quadro ampio della situazione socio-relazionale e sanitaria del soggetto. Queste servono anche per una prima valutazione sull’idoneità, sulle motivazioni e sugli obiettivi individuali.

Lo schema riporta i punti della scheda personale ed è compilato dall’operatore attraverso domande dirette e, per quanto riguarda la storia personale, mediante domande aperte, ad esempio: “mi parli della sua vicenda”, “quali sono, secondo lei, i motivi per cui oggi si trova in questa situazione”, etc.

Progetto personale di inserimento

Il progetto personale di inserimento, redatto in collaborazione con gli Assistenti sociali, riporta gli obiettivi educativi/formativi specifici a breve, medio e lungo termine, gli elementi a favore e quelli a sfavore per il successo dell’inserimento, eventuali vincoli (soggettivi e oggettivi) di cui tener conto, potenzialità (oggettive e soggettive) su cui lavorare, le potenzialità e i rischi per il soggetto. Può essere visto anche come uno strumento educativo, una sorta di contrato con il soggetto, in base al quale effettuare le verifiche del percorso e la rilettura dei momenti critici.

 

L’osservazione partecipante

Rispetto ad una semplice osservazione che si limita a guardare ed ascoltare i soggetti, l’elemento partecipativo (inteso come interazione con gli utenti e coinvolgimento diretto nelle loro attività) permette di sviluppare una visione “dal di dentro” ed una buona comprensione della realtà osservata[1]. I frammenti del quotidiano condiviso, nella loro semplicità e limitatezza, divengono, attraverso questo strumento, il materiale da osservare ed interpretare, leggendovi interazioni, stati d’animo e motivazioni, che dicono della persona molto di più di quanto essa stessa dica di sé.

 

L’osservazione partecipante si è dimostrata molto efficace ma richiede quel buon equilibrio tra coinvolgimento e distacco, che in precedenza abbiamo chiamato “rispetto”, ovvero l’arte di guardare l’altro dalla “giusta distanza”.

 

Colloquio personale di verifica e sostegno

Nel colloquio, momento fondamentale di tutto il processo educativo, oltre a verificare l’andamento dell’esperienza lavorativa, si cerca di approfondire alcune aree di interesse per valutare l’efficacia del percorso ed il feedback della persona inserita, ponendo particolare attenzione non solo ai contenuti ma soprattutto ai processi che questi lasciano intuire (l’utente racconta un fatto, l’operatore vi legge un significato ed un processo, ovvero un certo modo di sentire ed impostare la relazione con l’altro, con se stesso e con la propria attività).

Il metodo usato è quello dell’intervista semi strutturata, nel quale l’operatore segue una traccia con gli argomenti da trattare e, per ognuno, una serie di domande utili per eventuali approfondimenti, restando però libero di scegliere il modo ed i tempi di conduzione.

 

Il colloquio è anche il luogo privilegiato per rileggere con la persona le esperienze vissute, rinforzando i successi e accompagnando ad una rilettura critica degli insuccessi o delle eventuali difficoltà emerse. Per questo aspetto, Il modello scelto si rifà  all’approccio del problem solving, utilizzato con la convinzione che se la persona è educata ad affrontare e risolvere bene il problema presente, imparerà un metodo che potrà applicare ad altre aree della propria vita.

 

Le tecniche usate nel corso del colloquio sono sostanzialmente la rilettura guidata delle esperienze, la confrontazione e la relazione stessa vissuta come strumento educativo.

 

  • Rilettura guidata delle esperienze: l’operatore ripropone all’utente le attività lavorative e le situazioni relazionali che sta vivendo, aiutandolo a cogliervi i risultati positivi, le difficoltà ed i processi sani messi in atto per risolverle.
  • Confrontazione: l’operatore mette a confronto affermazioni e/o comportamenti tra loro contraddittori per rinforzare l’esame di realtà dell’utente.
  • Far crescere attraverso la relazione: enunciare e spiegare valori, dare informazioni, aiutare a stare nel percorso, richiamare gli obiettivi.

 

Valutazione della qualità della vita Questionario PGWBI

Le attività di AS sono spesso accompagnate da una domanda circa la ricaduta sulla salute psicofisica dell’utente e sulla sua qualità di vita e da un’ipotesi di lavoro circa l’efficacia di questo tipo di attività per il miglioramento del benessere psico-fisico delle persone. Questa ipotesi di lavoro ha accompagnato anche la progettazione di Orti E.T.I.C.I ed ha reso necessaria la ricerca di strumenti appropriati per verificarne la correttezza.

In letteratura si trovano diversi strumenti, non tantissimi per la verità; alcuni di essi, rispetto all’utenza varia e differenziata, sembrano troppo legati a contesti di patologia psichica o a tipologie specifiche di pazienti, altri sono eccessivamente orientati ai soli aspetti farmacologici. Riguardo all’aspetto farmacologico, in particolare, la variazione di terapie non è un indicatore di per sé molto significativo, perché non è detto che questo avvenga in relazione all’attività lavorativa e soprattutto non è direttamente proporzionale al miglioramento della qualità della vita: più di una volta qualcuno ha dovuto aumentare la dose di farmaci per cause esterne all’attività lavorativa pur trovando un giovamento psichico significativo da essa. Per non parlare del fatto che le informazioni sull’assunzione dei farmaci rientrano in un ambito non monitorabile sistematicamente in quanto relativo ad informazioni alle quali pochi hanno accesso diretto.

 

Le considerazioni esposte hanno portato a scegliere un test di valutazione della Qualità della Vita capace di esplorare simultaneamente più ambiti. Tra quelli reperiti si è scelto di adottare nel progetto Orti E.T.I.C.I il test Psycological General Well-Being Index, versione MiOS, 2000, ampiamente validato, perché offre un’indicazione affidabile circa la valutazione soggettiva della qualità di vita in relazione al benessere emozionale fisiologico, a differenza di numerosi strumenti costruiti per indagare gli effetti psicologici specifici delle patologie mentali[2]. Il PGWBI è normalmente utilizzato in campo medico ma per le sue caratteristiche risulta molto utile con i soggetti svantaggiati. La sua applicazione, infatti, è particolarmente appropriata in tutti i casi in cui si suppone che vi sia una situazione nella quale è presente una “particolare” componente emotiva e psicologica che influisce sullo stato di salute generale, senza arrivare necessariamente ad un livello di patologia mentale o psichica.

Da questo testo, somministrato nei vari steps di Monitoraggio in auto compilazione, si ricavano sei indicatori specifici, ciascuno misurato su una propria scala dove il valore minimo indica la situazione peggiore, il valore massimo la situazione migliore:

  • Ansia – range 0 – 25
  • Depressione – range 0 – 15
  • Positività e Benessere – range 0 – 20
  • Autocontrollo – range 0 – 15
  • Salute in generale – range 0 – 15
  • Vitalità – range 0 – 20

Dalla somma dei valori di ogni indicatore si ricava un indicatore sintetico molto affidabile. Sono inoltre disponibili, per un confronto, i dati medi della popolazione italiana per età e per sesso.

Il test è composto da 22 domande, ciascuna con 6 possibili risposte dalla situazione peggiore alla migliore, disposte in modo da ridurre la possibilità di una compilazione meccanica della risposta più accettabile.

 

La somministrazione periodica del test permette una valutazione indiretta circa l’incidenza che l’inserimento lavorativo può avere sulla qualità di vita della persona[3] ma occorre sempre tener conto del contesto descritto dal “diario” e di alcuni limiti di affidabilità dovuti al bisogno di mostrare il meglio di sé di alcuni e la superficialità emotiva e povertà di insight riscontrata in altri. Questi limiti richiedono una presenza attenta dell’operatore che sottolinei la funzione del test in relazione al percorso di accompagnamento e non in relazione alla valutazione dell’attività lavorativa: “…questo test non è una valutazione su di te come persona né verrà usato per valutare il tuo lavoro; i risultati sono riservati e li useremo insieme per vedere come stanno andando le cose nella tua vita…”.

Altri strumenti utilizzati per l’accompagnamento sono gli incontri periodici del gruppo di lavoro e le verifiche mensili con gli Assistenti sociali ed altri soggetti della rete di supporto di ogni utente. Queste ultime risultano particolarmente importanti per verificare e ridefinire gli obiettivi del processo di inserimento.

[1] “Nell’osservazione partecipante il ricercatore “scende in campo”, si immerge nel contesto sociale che vuole studiare, vive come e con le persone oggetto del suo studio, ne condivide la quotidianità, le interroga, ne scopre le paure e le speranze, le concezioni del mondo e le motivazioni dell’agire, al fine di sviluppare quella conoscenza ‘dal di dentro’ che è il presupposto della comprensione.” P. CORBETTO, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino 1999, 367.

[2] Cfr E. GROSSI, P. MOSCONI, N. GROTH, M. NIERO, G. APOLLONE, Questionario Psychological General Well-Being Index, Versione italiana, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” Milano, Maggio 2002.

[3] Questi dati, tuttavia, sono realmente utili se “incrociati” con altri come gli indicatori circa la motivazione, l’autonomia e soprattutto con le informazioni raccolte nel “diario di inserimento”.


I contenuti presentati nell’articolo sono tratti da uno dei capitoli che ho scritto per il volume: “Orti E.T.I.C.I. , la valutazione di un’esperienza collaborativa tra enti pubblici, mondo agricolo e della cooperazione sociale, <em>a cura di </em>Francesco di Iacovo, Roberta Moruzzo”

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Mi chiamo Cristiano Marini e su questo blog pubblico le mie fotografie ed i miei articoli su fotografia, formazione, educazione ed inclusione sociale. Se vuoi, puoi comunicare con me attraverso la sezione Contatti o sui social.